Emergenza pandemia: una proposta riabilitativa ecologica per condividere tempo e spazi con i nostri cari affetti dalla malattia di Alzheimer
di Maria Di Pierro (psicologa clinica)
Questi giorni stiamo sperimentando una dilatazione del nostro tempo ed una contrazione del nostro spazio personale: non più immersi nelle nostre rassicuranti, sebbene frenetiche, routine quotidiane, divisi tra casa e lavoro, da quando ci muoviamo solo entro le quattro mura domestiche, il nostro orologio ci vede sempre meno in ritardo sulle cose da fare e sempre più in attivo in quanto a disponibilità di tempo libero.
Eccoci allora nelle nostre case costantemente e contemporaneamente insieme ai nostri cari, con un tesoretto di un monte ore, libere dai consueti impegni, che rischiamo di sprecare, rimanendo incollati davanti ad una tv o utilizzando smaniosamente uno smartphone, con l’illusione di informarci sulla pandemia in corso.
Il tempo è prezioso e non va sprecato e l’informazione, che deve essere sempre acquisita da fonti attendibili, è un diritto/dovere di ogni cittadino e non dovrebbe mai trasformarsi in un bulimico accaparramento di pseudonotizie che finiscono per nutrire a dismisura ed in maniera incongrua le nostre paure, ingigantendole e trasformandole in disagio, malessere, ansia, panico, con prevedibili effetti deleteri sulla nostra qualità di vita.
Ebbene, visto che le coordinate spazio-temporali della nostra quotidianità sono state momentaneamente sovvertite causa pandemia, perché non sfruttare questa occasione per sintonizzarci e sincronizzarci con i nostri cari che, invece, a causa di una malattia neurodegenerativa come l’Alzheimer, vanno incontro ad una definitiva reale perdita di tali coordinate e sperimentano l’angosciante smarrimento derivante dal non sentirsi più orientati nel proprio contesto, sospesi, come sono, in un tempo scandito da un ritmo diverso e in uno spazio che, pur essendo famigliare, non viene riconosciuto come tale e dal quale inevitabilmente cercano di evadere?
Sincronizzarsi con loro significa ascoltare con pazienza ed attenzione ogni parola da loro pronunciata anche se lentamente ed in maniera incomprensibile, in quanto derivante da un desiderio di comunicarci qualcosa che evidentemente per loro è importante; rispettare nella conversazione i loro tempi, senza anticipare le loro risposte, come se volessimo fare loro un favore: parlare al posto di un’altra persona equivale a disconoscerne la competenza, con conseguente suo disagio e frustrazione.
Non spazientiamoci, attendiamo in silenzio anche qualche secondo: la compromissione delle loro funzioni cognitive determina la necessità di un maggiore dispendio di tempo ed energie per comprendere ciò che noi abbiamo appena detto, raccogliere le idee per formulare una eventuale risposta e produrla, mantenendo, peraltro, il tema della conversazione.
Come per la conversazione anche nell’agire vale lo stesso principio: rispettiamo i loro tempi, quelli di una persona che mostra un rallentamento motorio, un’incertezza, un disorientamento; non sostituiamoci a loro nello svolgimento di un compito, che potrebbero ancora affrontare, altrimenti provocheremmo loro una disabilità non derivante primariamente dalla loro malattia, ma dalla ipostimolazione di funzioni non ancora compromesse; cerchiamo di supportarli nella giusta misura, semplificando magari l’ambiente, la richiesta, il compito; accompagniamoli con discrezione, lasciando loro la possibilità di stabilire il passo, senza tirarli né spingerli.
Sintonizzarsi con loro significa, non solo cogliere e rispettare il loro stato emotivo, le loro esigenze, il loro punto di vista, ma anche entrare nel loro spazio caratterizzato dalla scarsezza, se non assenza, di punti di riferimento ed aiutarli a dare valore e significato, anche affettivo, ad ogni stanza della propria casa che non deve risultare una prigione né per noi, che in questi giorni vi troviamo rifugio e riparo dalla pandemia, né per loro che, da quando la malattia è entrata nelle loro vite, vi trascorrono buona parte della giornata.
Facciamo in modo che la casa per i nostri cari divenga una risorsa riabilitativa, dal momento che racchiude non solo ricordi di sprazzi di vita quotidiana, incombenze connesse comprese, ma anche di momenti significativi della propria esistenza, di quei preziosi tasselli di vita personale che concorrono alla costituzione della propria identità più profonda.
- Dopo aver affisso sulla porta di ogni stanza della casa un’immagine che ne evochi la funzione, al fine di facilitare l’orientamento, accompagniamo, ogni giorno alla stessa ora circa, il nostro congiunto a fare un giro della casa ed in ogni stanza poniamo domande circa la destinazione d’uso, i mobili in essa contenuti, eventuali ricordi famigliari associati, fornendo eventualmente anche qualche input.
- Se le condizioni fisiche lo consentono, chiediamo, inoltre, in ogni ambiente di aiutarci a sbrigare specifiche faccende domestiche e possibilmente sempre le stesse (in camera da letto: rifare il letto; in cucina: asciugare qualche stoviglia; in sala: spolverare il tavolo; ecc.).
- Rechiamoci poi in soggiorno, mangiamo insieme un pasticcino, o qualcosa che sappiamo possa essere gradito, e mostriamo qualche foto raffigurante eventi emotivamente significativi avvenuti nelle stanze appena visitate, cercando di condividere quanti più ricordi possibile.
- Infine, con la scusa di redigere un inventario, chiediamo, scegliendo una stanza a caso e diversa ogni giorno, di elencarci i mobili in essa contenuti e, laddove ciò risultasse difficoltoso, ritorniamo nella stanza, magari facendoci guidare da loro, e ricapitoliamo insieme il tutto.
In questa maniera i nostri cari si eserciteranno a parlare, ad orientarsi, a prestare attenzione, ad evocare memorie autobiografiche e semantiche, oltre ad attivare schemi motori e memorie procedurali che, se non stimolati, verrebbero persi più velocemente e precocemente.
Sottolineo che stabilire routine, che quotidianamente si ripetono, consente al paziente con malattia di Alzheimer di scandire la giornata tenendone meglio il filo, di vivere la piacevole sensazione di aver fatto qualcosa, di crearsi una aspettativa simile per l’indomani, di sperimentare un migliore orientamento nel contesto e conseguente diminuzione di irritabilità, ansia e disturbi comportamentali.
Concludo auspicando che tutti, in questi giorni di emergenza pandemica, possano cogliere l’occasione di vivere insieme ai loro cari con malattia di Alzheimer un tempo ed uno spazio condivisi le cui coordinate trasformino una semplice resilienza, all’interno dei nostri appartamenti, in un atto d’amore.
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